Equilibrio nella coscienza – parte 2
CN: Allora è questo il male, il male riconosciuto da tutte le psicoterapie.E ciò che caratterizza questo percorso è che, a differenza della psicoanalisi, non è direttivo. Un po’ come la terapia rogersiana improvvisata, si cominciano a vedere delle cose mano a mano che vengono fuori. È un processo molto strutturato e diretto. Si andrà a vedere questo e questo e quest’altro e qual è il problema. Si va a capire come si sviluppa il carattere e si riconosce il carattere come luogo della nevrosi. Tutto ciò che è sintomatico, compulsivo, depressivo ,viene inteso come semplice complicazione di un carattere nevrotico e il carattere nevrotico si intende soprattutto come il risultato di ciò che in psicanalisi si chiama introiezione o identificazione, ma in questo caso Hoffman lo chiama il risultato dell’amore negativo, che non è amore, ma la sete esageratamente intensa d’amore, che fa sì che il bambino desideri essere come il padre o come la madre perché sente che non va bene essere ciò che è. È come se la vita incominciasse sentendo che non va bene essere come si è ed allora bisogna prendere in prestito il modello esterno più vicino, quello dei genitori. Ed è come identificarsi, io la chiamo identificazione seduttiva. È come se il bambino dicesse al padre: Adesso sono come te, papà, mi vuoi bene lo stesso adesso che ho cercato di essere come te? Prende in prestito una personalità che non è la sua.
Abbiamo detto prima che questa è la diagnosi. Partendo dal processo Fischer-Hoffman qual è la risposta a questa abitudine?
CN: Potrei incominciare a rispondere a questa domanda, ma mi sto chiedendo, tra parentesi, se non converrebbe che Suzy si affiancasse a me in questo. È la mia collaboratrice sul lavoro e ha un’esperienza che non ha quasi nessuno al mondo, perché questo processo è iniziato non solo in California, ma via Cile è passato in Brasile da molto tempo, ed è in Brasile che si trova la migliore scuola. Lei è stata la fondatrice di uno dei primi istituti che ora sta portando in Australia e in Germania, in paesi in cui sta arrivando in maniera molto forte, dunque possiamo rispondere insieme credo. Come si lavora questo “male” nel processo?
SUZ: Si sviluppa principalmente in un modo molto confrontativo, si confronta molto, principalmente dopo aver conosciuto l’enneagramma, si confronta il nucleo, quello di cui parlava Claudio.
È qui che si integrano l’enneagramma e il processo Fischer-Hoffman?
SUZ: Quando ho imparato l’enneagramma con Claudio, lavoravo da più di 10 anni all’epoca con il metodo Fischer-Hoffman, ed stato molto utile. La diagnosi è diventata molto facile guardando quel nucleo, partendo dal quale c’è l’impedimento all’amore che diventa l’obiettivo, ritrovare l’amore verso se stessi, verso i genitori e verso le persone più vicine.
Scopriamo il nucleo e allora che facciamo?
SUZ: Partendo da lì si lavora quel nucleo
Come?
SUZ: Disidentificandosi attraverso la catarsi. C’è molto lavoro di catarsi emozionale dalla rabbia, dall’odio, dal risentimento.
Si utilizzano elementi concreti per questo?
SUZ: Si, il lavoro è più emozionale piuttosto che fatto di una comprensione intellettuale. Pochi concetti e molto lavoro di andare verso l’emozione e portarla fuori. E partendo dal tirare fuori la rabbia e tutto quello che abbiamo nascosto, ci si può aprire all’amore che c’e’ sotto.
CN: Io credo che ci sono due elementi più caratteristici, considerando la gran quantità di terapie che circolano oggi. Un elemento caratteristico è l’importanza che si dà alla purificazione dall’aggressività infantile, dalla rabbia che ogni bambino sente così proibita verso padre e madre, perché il quarto comandamento così ci dice, e questo si perpetua in ogni famiglia. I genitori a tutti i costi e per quanto vogliano bene ai propri figli, non vogliono fare una brutta figura, vogliono difendere la loro limitata capacità di amare, perché tutti abbiamo questa capacità limitata. I figli ci mettono alla prova, e il tutto rimane sommerso e la maggior parte dei bambini cresce finendo per portare l’attenzione su altri malesseri o sentendo una gran voglia di prendere a calci la madre, ma sentendosi anche molto colpevoli per questo, non sapendo il perché o cercando di mantenere una buona immagine dei genitori. Allora in questo lavoro si fa molta strada, anche se nel grido primario e nella gestalt si fa molta catarsi emozionale nel senso di aprirsi al dolore, qui si insiste di più sulla rabbia perché non si può arrivare a perdonare senza capire bene che cosa ci é stato fatto, che cosa ci è successo, ed è per questo che permettere l’espressione della rabbia, che da bambini non ci è stata permessa, é un grande vantaggio.
La domanda d’obbligo sarebbe: Questo succede perché così si sono svolte le cose, stiamo aggiustando o cercando di ricomporre un equilibrio che si è perso in quel tempo. Ma come possiamo agire preventivamente? Quale sarebbe il modo giusto di educare?
CN: Questo ci porta su un altro terreno, ma prima di passarci vorrei dire qualcosa sull’altro elemento. Dicevo che erano due gli elementi più tipici, uno è la misura con cui si rivive la primitiva rabbia infantile che sentiamo assolutamente irrazionale e non giustificata, per poter recuperare la spontaneità infantile e l’accesso a molti ricordi che altrimenti non verrebbero a galla. L’altro è il perdono. Di tutte le terapie che conosco, è quella che più insiste nel capire i genitori per poterli perdonare. E per comprenderli bisogna mettersi dentro psicodrammaticamente alla loro situazione. Capire come sono stati condizionati dai nostri nonni diventa un punto di partenza per questo atto, che a un certo punto arriva a essere un atto volontario. È come dire: “Non continuerò per anni a piangere sul latte versato, non continuerò a tirare calci, a lamentarmi o a vendicarmi, perché non è un buon investimento di energie. La farò finita con tutto questo.”
Farla finita con tutto questo, trovare la pace, passa attraverso il perdono, e questi ha bisogno di appoggiarsi a questa comprensione. Cioè c’è tutta una piramide di elementi che si costruisce per sorreggere questo gesto culminante che è il perdono, iniziando col mettere a fuoco questa capacità di compassione che abbiamo e che ancora non è rovinata ed è intrinseca in noi.
Cioè allo stesso modo in cui si è conservato tutto quell’odio e quel rancore, bisogna puntellare…
CN: Bisogna tirare tutto fuori per aprire quella ferita e poi applicarle la vera guarigione. È il cambiamento di attitudine su se stessi, l’atto, ciò che tutte le religioni stanno dicendo dall’inizio dei tempi. Non c’è religione che non perori un atteggiamento virtuoso, un atteggiamento amoroso…
Per raggiungere una civiltà dell’amore per esempio….
CN: Ma la domanda è: come farlo? Per farlo c’è bisogno di poter odiare liberamente prima di poter amare, perdonando
Abbiamo parlato della colpa no? Lasciamo il passato, lasciamo una forma di educazione dei nostri figli nella quale includiamo i nonni,i genitori, gli zii, noi stessi e allora come dovrebbero educare i nostri figli i propri figli?
CN: Ebbene, questa è una domanda non tanto facile a cui rispondere…