Per una gestalt viva
Per una Gestalt viva, Astrolabio, Roma 2009, pagine 308 (traduzione di Ilaria Faccioli e Alessandra Callegari da Por una Gestalt viva, La Llave 2007)
Claudio Naranjo è stato allievo diretto di Fritz Perls, il padre della Terapia della Gestalt, e ne ha subito profondamente l’influsso. In questo libro fornisce un quadro appassionato e appassionante di come è nata la terapia gestaltica – che, sottolinea, “consiste in quel modo particolare di trattare le persone in sede terapeutica che scoprì e insegnò Fritz Perls” – e di che cosa è diventata, esplicitando la necessità di un vero e proprio ritorno a Perls per “rivitalizzare” quella che definisce “una Gestalt ormai degradata”, essendo invece una pratica terapeutica capace di dare vita a trasformazioni profonde ed efficaci.
Il libro si compone di cinque parti, dedicate rispettivamente a Perls e alla sua innovativa eredità, alla prassi, alla teoria, alla trasmissione e alla spiritualità della Gestalt.
“Mi è sembrato opportuno incominciare questo libro raccontando del suo creatore” scrive Naranjo “soprattutto perché è mia intenzione connotare l’eredità di Perls come un fenomeno vivo. La pratica di coloro che hanno assorbito vita e coscienza attraverso il contatto con il maestro, dalla sua pienezza fino alla fine della sua vita, ha trasmesso a sua volta vita e coscienza in un modo che solo in parte si lascia circoscrivere dall’intelletto.”
E infatti l’autore prende per mano il lettore e lo accompagna poi a conoscere la terapia gestaltica “in azione”, attraverso alcuni esempi e contributi di gestaltisti – come James Simkin, che fu il principale collaboratore di Perls all’epoca della sua maturità e che contribuì notevolmente alla formazione dei terapisti in California e in particolare a Esalen, dove Perls fu attivo per parecchi anni e dove Naranjo lo conobbe.
Nella terza parte Naranjo presenta una revisione critica della Gestalt, criticando in particolare quella “teoria posticcia e obsoleta” sviluppata dai primi collaboratori di Perls, ed esponendo quella che chiama invece la “vera” teoria della Gestalt. Rivolgendosi agli addetti ai lavori (ma non solo), si addentra in particolare su due temi portanti della terapia della Gestalt: la teoria del Sé e i meccanismi nevrotici di difesa, i cosiddetti disturbi della frontiera di contatto, mettendoli a confronto con gli enneatipi di personalità di cui è massimo esperto.
Il libro prosegue con una quarta parte intitolata “trasmissione”, dedicata alla formazione dei gestaltisti, con diversi contributi che vanno da esercizi di addestramento a nozioni di psicoterapia generale o di discipline complementari alla Gestalt pura tradizionale. E trattando della formazione futura dei terapeuti gestaltici Naranjo offre un’alternativa a quella in voga nelle scuole, in una visione nella quale “la terapia gestaltica è parte di un contesto di discipline particolarmente rilevanti che comprende la meditazione, il lavoro corporeo, la visione teorica della nevrosi e della personalità da lui proposta a partire dalla psicologia degli enneatipi, l’arte drammatica”. Ovvero, il programma SAT da lui portato in tutto il mondo e da molti anni anche in Italia.
L’ultima parte del libro si propone, dice Naranjo, di “fare luce sull’aspetto filosofico implicito della terapia gestaltica, così come sulla sua implicita spiritualità”, spiegando “perché una via di realizzazione di portata transpersonale, più che strettamente terapeutica, differisca così tanto, almeno in apparenza, dalle formulazioni religiose tradizionali.” Si tratta, sottolinea, di “una spiritualità dionisiaca più che apollinea”, qual è stata quella delle religioni del mondo civilizzato, eccetto il taoismo e una parte del buddismo tantrico. E l’invito ai terapeuti è di seguire le orme di Perls, “un filosofo al quale non interessava ‘filosofeggiare’ nel senso più comune e accademico della parola e che invece di filosofeggiare (ovvero verbalizzare astrazioni) trasfuse la sua visione della vita nella pratica con gli altri.”
La filosofia e spiritualità della Gestalt furono infatti vissute nella pratica, più che concettualizzate, da Perls, che emerge dalle pagine di questo libro come uno spirito fortemente dionisiaco, naturalmente portato a spingersi oltre i limiti del conosciuto e a rompere le forme prestabilite. E la Gestalt appare nella sua forza potenzialmente dirompente e innovatrice, ma anche come consapevolezza del qui e ora, ovvero lucidità, attenzione, spirito apollineo. È in questa sintesi tra forze opposte che Naranjo individua la vera essenza della Gestalt: non una semplice tecnica terapeutica che funziona e risulta efficace, ma una via di realizzazione implicitamente spirituale, che permette all’essere umano di sollevarsi dal cieco mondo passionale alla condizione aperta della coscienza pura.
“Spero” conclude Naranjo “che questo lavoro possa servire sia a coloro che aiutano gli altri a comprendersi e a vivere più pienamente, sia a coloro che cercano di aiutare se stessi attraverso l’autoconoscenza. E spero anche che, in tempi nei quali la Gestalt è diventata una tra le molte terapie umaniste, possa contribuire a richiamare l’attenzione sul suo grande potenziale di trasformazione, al quale sarebbe opportuno rivolgersi nell’ambito della formazione di educatori e di altri professionisti cui stia a cuore la possibilità di diventare degli esseri umani”.
Un invito sempre più attuale.